martedì 18 dicembre 2007

Giovani e Socialisti


dal numero 2 di Labouratorio (17 Dic. 2007)

Potenziare e prevenire: le due parole per una città sicura
di Chiara Lucacchioni - Lunedì 17 Dicembre 2007 -

(*) La sicurezza delle città in cui viviamo costituisce uno dei temi più scottanti nei dibattiti alimentati dall’opinione pubblica italiana.Il diritto alla libertà e alla sicurezza del cittadino , per l’importanza che riveste nello scenario politico globale negli ultimi vent’anni, viene persino sancita nella legislazione internazionale, ovvero nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.Oggi, infatti, è il tema che occupa il primo o il secondo posto nelle preoccupazioni dei cittadini, soprattutto di quei segmenti sociali più “deboli”, ovvero donne, anziani e bambini. Per questo costituisce un fattore “strumentale” che le politiche di Governo, locale e nazionale devono affrontare organicamente e efficacemente.
Il concetto di sicurezza nel territorio urbano ha subito negli ultimi anni una significativa evoluzione. La vecchia idea di città sicura riconduceva essenzialmente la criticità ad un problema di incolumità personale rispetto a fenomeni criminosi: questo tipo di sicurezza, relativo all’ordine pubblico nel suo aspetto di “polizia”, fa riferimento sia ad approcci risolutivi di tipo repressivo che preventivo, ma è tipicamente afferente alle competenze delle sole forze dell’ordine.La domanda di sicurezza da parte dei cittadini sta assumendo un’accezione più ampia, riferita alla vivibilità, alla libertà di muoversi, lavorare e usufruire con serenità degli spazi pubblici e privati delle città, in una situazione di convivenza civile tra etnie, culture e generazioni differenti: il tema, quindi, è quello del contrasto all’emarginazione, di una gestione responsabile dell’impatto del fenomeno dell’immigrazione, della tutela dell’ambiente e delle risorse culturali, della valorizzazione dello sviluppo locale, della protezione dei siti sensibili, della diffusione della legalità e al contempo della cultura delle regole.
E’ evidente che questa nuova e più ampia interpretazione della sicurezza, denominabile “sicurezza urbana” per distinguerla dal precedente aspetto di “sicurezza pubblica”, si ricollega a due recenti fenomeni, ovvero il dilagare della globalizzazione e dell’innalzamento della qualità della vita nelle città. In questo senso, essa travalica il ruolo delle forze dell’ordine per acquisire una dimensione più attiva e interattiva dove assumono rilevanza più soggetti, non solo quindi le istituzioni pubbliche, ma anche le organizzazioni della società civile, le associazioni, il tessuto economico e gli organi di informazione.La grande sfida delle amministrazioni locali è proprio quella di riuscire a coinvolgere attraverso politiche di prevenzione e integrazione, tutti i soggetti che sono chiamati a svolgere un ruolo nelle nostre città. Solo con politiche incanalate in tal senso è possibile evidenziare le situazioni di criticità presenti nel contesto urbano e interpretarle, allo scopo di coinvolgere la comunità in azioni e progetti che diano risposta ai bisogni di sicurezza, contrastino l’illegalità, rimuovano le situazioni di maggior degrado e ridiano fiducia al cittadino.
Sicurezza è vivere in contesti urbani che non producano esclusione, divisioni tra gruppi di cittadini e gerarchie sociali. Sicurezza è componente e risultante di una esigibilità piena dei diritti di cittadinanza.
Le azioni da sviluppare concretamente sul territorio sono bidirezionali. Riguardano, da un lato, interventi mirati al potenziamento e alla riqualificazione dei servizi, dall’altro, c’è la necessità di dar corso a un insieme di interventi per la prevenzione e la formazione culturale e sociale, tali da interagire coi comportamenti e gli stili di vita delle persone. Si tratta dunque di progettare e promuovere, anche con idonee iniziative formative, programmi e servizi in linea con le più moderne e innovative politiche di welfare dei Paesi europei in grado di incidere significativamente sulla qualità generale di vita della comunità.Dal punto di vista operativo, le azioni e i progetti mirati al potenziamento e l’ammodernamento dei servizi a disposizione del cittadino sono molteplici e rappresentano le soluzioni più efficaci per prevenire il degrado e la perdita della percezione della sicurezza delle città; essi variano da un maggior presidio delle forze dell’ordine nel territorio, al potenziamento dell’illuminazione pubblica e del sistema di videosorveglianza, a piani di formazione mirati a costruire una cultura sull’educazione alla legalità e sull’ informazione in merito alla prevenzione dei reati, all’utilizzo per attività culturali e sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata, tema caro a non poche regioni italiane e molto altro ancora.Anche per questo delicato tema, come la mitica pubblicità della Mentadent, vale il detto “prevenire è meglio che curare”. Ciò comunque non può avvenire se parallelamente alle azioni che ho descritto precedentemente, non si proceda, per ciò che concerne una micro-criminalità che sta dilagando in macro-criminalità organizzata, a un potenziamento in termini sia quantitativi che quantitativi delle forze dell’ordine e ad una riorganizzazione seria del sistema giudiziario che sia finalmente in grado di far dormire sonni tranquilli ai cittadini, assicurando la certezza della pena ai criminali in tempi celeri.
Il nocciolo della questione può essere riassunto nel binomio “sicurezza urbana e qualità della vita nella città”.In quest’ ottica cade il concetto di tolleranza zero, della risposta dura di contrasto duro. Oggi un partito come il nostro deve saper sviluppare politiche articolate, diversificate, flessibili, mettendo in campo tanti attori affinché il diritto alla sicurezza possa essere affrontato in maniera coerente, non solamente con la forza, non solamente con il contrasto anche se pur necessario, ma con una sorta di compartecipazione, con differenti competenze, di tutti i soggetti deputati al miglioramento della qualità della vita e della sicurezza del cittadino. La pace e la sicurezza di una città non sono garantite solo dalle Forze di Polizia ma principalmente da una complessa e inconscia rete di controllo volontario esercitato dalla popolazione stessa. In questa ottica la prevenzione assume un ruolo particolarmente importante. Si tratta di vigilare e sostenere con azioni mirate la vitalità e la sicurezza dell’ambiente impedendo o riqualificando i servizi prima ancora che questi comincino un progressivo e inesorabile degrado. Là dove invece la sicurezza è in pericolo, è necessario intervenire rapidamente con azioni che impediscano il dilagare della paura e ripristinino lo stato di fiducia dei cittadini verso la città.
Tengo inoltre a sottolineare che la sicurezza è un bene comune e, in quanto tale, non appartiene più a una logica dicotomica: non è un tema dai connotati neri o rossi, di destra o di sinistra. E la risposta a tale problema è altrettanto scontata: non può essere né di destra né di sinistra. E’ un tema che deve essere affrontato in maniera organica e integrata da tutto il sistema politico. Insomma, non può essere lasciato in balia del principio “tolleranza zero” adottato dalla destra estremista, ma nemmeno dal “buonismo” dilagante dell’estrema sinistra. Il nostro partito deve prendere a cuore il tema della sicurezza, egualmente a quello del lavoro o a quello della laicità. Il Partito socialista, se vuole diventare la vera forza riformista del nostro Paese in grado di cogliere anticipatamente i cambiamenti repentini di una società nel pieno stadio della globalizzazione, deve farsi carico e diventare l’alfiere della battaglia per garantire la sicurezza dei cittadini, attraverso politiche di investimento pianificate nel lungo periodo che possano realizzare interventi mirati alla promozione di un ambiente più sicuro, favorendo la crescita delle relazioni personali e di gruppo, promuovendo la convivenza tra diverse culture per prevenire fenomeni di criminalità e inciviltà, sviluppando al contempo il senso di appartenenza alla comunità. Dobbiamo operare affinché si dia vita finalmente ad una vera e propria cultura della legalità e della prevenzione che possa contribuire efficacemente e concretamente alla crescita economico-sociale del nostro Paese.
* _ Questo articolo è stato redatto sulla base di un intervento pubblico tenuto ad Orvieto lo scorso novembre durante un dibattito pubblico di carattere programmatico.

sabato 8 dicembre 2007

Pubblichiamo una bella email ricevuta. buona lettura

Mi piacciono le persone appassionate e dimostrate di avere passione. Penso che la cultura italiana sia intrisa di quell'ipocrisia che faccia veramente male. Ma la cosa preoccupante, credo, è vedere che la politica italiana vive in una"compostezza" talmente falsa e ipocrita che non fa altro che allontanare la gente perchè non da risposte ai problemi reali. Io vivo uno stato d'animo abbastanza tormentato da questo punto di vista perchè vorrei tornare ad appassionarmi, di politica. Di quella stessa politica che per anni mi sono nutrito(con modestia) e che mi faceva emozionare. Oggi non mi emoziono più quando parlano i politici, siano essi di destra, di centro o di sinistra... Credetemi non riesco a capire da che parte sto veramente! non riesco ad identificarmi! IDENTITA' è una termine che dovrebbe essere riscoperto... Non credo più nei partiti (motivo per cui ho subito feroci critiche di recente) ne tanto meno nelle ideologie. Il politico oggi dovrebbe essere “provocatoriamente costruttivo”. Ossia, colui che intende la politica come"MISSIONE", per vocazione! Penso che sia bene cercare di "rompere le palle" culturalmente, perchè è il contesto che lo richiede. Vorrei dire altre cose però penso sia meglio rimandare... invio un pezzo di Antonio Gramsci sull'indifferenza. Sono sicuro lo conosciate già.Qualora questo non fosse vero, eccolo qua!!! a presto. "Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che"vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città.Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti,è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall' impresa eroica , ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi,che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza.Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette degli scopi, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale,un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile.Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio,sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che,appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano. I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti,preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere. Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. Esento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con lorole mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrificio; e colui che sta alla finestra,in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusionevituperando il sacrificato, lo svenato perché non èriuscito nel suo intento. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia,odio gli indifferenti."
Andrea L.

martedì 4 dicembre 2007

tifo violento: il fallimento della scelta repressiva?

GIOVEDI' 6 DICEMBRE ore 16.00
via Edgardo Ferrati n.12 - 00154 Roma
(150 mt fermata Metro B Garbatella)

dibattito sulla Legge Amato Melandri

TIFO VIOLENTO:
IL FALLIMENTO DELLA SCELTA REPRESSIVA?

Relazione introduttiva:
LORENZO CONTUCCI
webmaster del sito www.asromaultras.org

Partecipano:
STEFANO CAPPELLINI
giornalista del Riformista
DOMENICO PIANESE
segretario nazionale COISP (sindacato indipendente polizia)
MAURO DEL BUE
deputato socialista

modera ANDREA PISAURO


"Le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie"
Montesquieu

lunedì 3 dicembre 2007

circolo culturale "Invito alla politica"

Sabato 8 Dicembre 2007

incontro/dibattito

“Progetti per la nuova politica”

Le strade del cambiamento tra crisi, innovazione e ritorno al passato

interverranno:

Nicola Carnovale

(Federazione Giovanile I Socialisti Italiani)

Pietro Vignali

(Sindaco di Parma)

Daniele Capezzone

(decidere.net)

Saverio Zavettieri

(I Socialisti Italiani)

modererà l'incontro

Paolo Mora

(Presidente Circolo Culturale “Invito alla politica”)

l'incontro avrà inizio alle ore 17:30

presso “NONSOLOLATTE” (ex centrale del latte)

Via Torelli – (PR)

mercoledì 28 novembre 2007

Il socialismo giovane del nuovo millennio

“Accanto a chi è indietro e compiendo un passo in avanti”, così Pietro Nenni spiegava il senso del socialismo.

Ma oggi, cosa significa essere socialista in Italia? E ancor più, giovani e socialisti.

Non è soltanto ideologia ma è una cultura, un modo di vivere. Non potrà mai essere soltanto un partito.

Partiti degli uomini e non uomini del partito, forse, questo è il senso di una diaspora così lunga, forse, il problema di un socialismo ridotto a pochi pensieri, non propositivo, non degno a volte dell’ alta cultura degli esponenti del passato, svilito e accomodato su quelle briciole caritatevolmente donate dal magnate di turno.

Il socialista, l’ uomo dei lumi e del senso della società, il riformismo dalla parte del popolo. Uomini che come Pertini hanno molto più parlato con le azioni e non con la prosa che spesso non diventa né poesia, né storia.

Ma oggi, noi della generazione cresciuta nell’ assenza del partito socialista italiano, quello che in Europa non seguiva ma si faceva seguire nelle idee e nei contenuti, quello che non credeva che soltanto esserci abbia un senso. Quello della lotta partigiana, della Costituente, delle scissioni, del Presidente Pertini, del Concordato, dei ministri, del Presidente del Consiglio, di Sigonella, dei grandi errori, di tangentopoli e della distruzione del 1992.

Noi, per continuare ad essere socialisti abbiamo bisogno di un futuro. Vogliamo un partito socialista vero, intraprendente, a 360 gradi e non arroccato solo su pochi temi e pure di nicchia. Un partito memore degli errori del passato ma anche orgogliosamente fiero delle grandi innovazioni apportate.

Il socialista è un uomo dotato di cultura, intendendo, non il sapere scolastico o lo sfoggio dei titoli ma l’ apertura mentale per capire che la società italiana è in crisi perché ormai troppo sufficiente. Gli italiani, specialmente le nuove e nuovissime generazioni, non hanno più fame di sapere. Abbiamo il dovere sociale di agire, di intervenire sul troppo ormai svilito sistema scolastico e di informazione. Le nostre Università si sono adeguate allo standar Europeo per il numero di laureati. Risultato? Più quantità meno qualità.

L’ Italia è una Repubblica incompleta. Non tutti hanno pari possibilità, cioè, il nepotismo soverchia abbondantemente la meritocrazia. Come potrà essere competitivo un sistema che, già dall’ ingresso alla formazione, non è per i capaci e i meritevoli.

Il socialista deve essere accanto ai giovani. I giovani socialisti devono aprire gli occhi alle dirigenze di partito sulle problematiche giovanili. Non “bamboccioni” che seguono il proprio padrino di partito, ma, intelligenze che si fanno guidare dall’ esperienza ma fanno valere la propria forza vitale, la propria visione innovativa e le proprie qualità.

Essere giovani è difficile: oltre alla necessità anagrafica occorre esserlo dentro.

Il mondo del lavoro attraversa una crisi sistemica enorme. I diritti del lavoratore vengono quotidianamente calpestati nelle garanzie e nelle retribuzioni. La parola flessibilità malamente interpretata in legge è divenuta precarietà cronica. La precarietà è una di quelle malattie che distrugge il futuro e il presente di uomini e donne. Un’ ottimo contraccettivo per una società che tende alla senilità. I sindacati? Avendoli i sindacalisti di un tempo. I partiti? Troppo impegnati in tv o nelle fumose stanze del potere e con le finestre chiuse per non ascoltare il mormorio della gente. Dove sono i colti uomini che discutevano nel Transatlantico e crescevano con il senso dello Stato?Gli elettori? Non rappresentati.

I socialisti non possono che auspicare e lavorare ad una riforma elettorale che sia proporzionale. Ogni manuale di diritto pubblico parla di connubio tra società eterogenea e questo tipo di sistema. Gli sbarramenti sono le correzioni specifiche: ingenti sono gli esempi. Si aspetta il voto di preferenza: il rappresentante esercita senza vincolo di mandato, perché, eletto su un impegno politico preso e perché dovrà rappresentare le vicissitudini della propria circoscrizione di appartenenza. Non il Parlamento dei fidi di partito ma quello dei territori e dei politici veri. Si aspetta giustizia verso l’ ignavia delle candidature multiple. Il premio di maggioranza così come è stato concepito garantisce l’ instabilità. Il bipolarismo di coalizione e dell’ alternanza ha fatto vedere tutti i suoi grandi limiti. Il bipolarismo di partito che potrebbe nascere in seno al Referendum elettorale, sarebbe come Caronte: batte col remo qualunque s’ adagia e ti traghetta all’ inferno della non rappresentatività e dell’ antidemocrazia.

Il partito socialista è democratico, cioè, aperto al confronto. Laico, cioè, non anticlericale(quello è laicismo) , date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio. Il laico è chi vive del proprio lavoro e non ha costrizioni mentali(C. Martelli docet), cioè, non nega a nessuno ( anche ai compagni credenti) di esprimere il proprio essere. Chi è convinto di un’ idea si confronta non chiede il silenzio. Liberale e non liberalista.

La grandezza del socialismo è la capacità di crescere nella sua spiccata predisposizione all’ eterogeneità. Un partito socialista deve essere il partito degli elettori e non degli eletti. Le istanze e le idee partono sempre dai territori e la capacità di una dirigenza è quella di convogliarle e renderle attualizzabili. Giovani e meno giovani abbiamo il dovere di rendere all’ Italia di oggi e alle generazioni future la cultura e il partito socialista. Non possiamo sbagliare. Le idee si reggono sempre sulle gambe degli uomini, ma, questi devono sempre dimenticare che quelle gambe sono proprie e pensare che siano di tutti.

Marco Caruso
Direzione Nazionale
“Federazione Giovanile I Socialisti Italiani”

martedì 20 novembre 2007

Comunicato Stampa - Dichiarazione di Nicola Carnovale

Roma, 20 Novembre 2007
Dichiarazione di Nicola Carnovale – Segretario nazionale Federazione Giovani Socialisti italiani
“Il bipolarismo all’italiana qualificato con le aggettivazioni più disparate nell’ultimo quindicennio è finalmente giunto al capolinea.
Le dichiarazioni di questi giorni, non ultima quella del presidente della Camera, Bertinotti, che ha espresso un chiaro ed inequivocabile assenso sul modello di legge elettorale alla tedesca, può rappresentare, al di là della soglia di sbarramento che non può essere il 5% per ragioni oggettive, se non il punto di incontro, almeno quello di partenza per una proficua discussione, allo stato auspicata da tutti, che porti ad una nuova legge elettorale.L’auspicio è quello di giungere realmente e concretamente alla realizzazione della stessa attraverso un dialogo che non può essere affare privato ed esclusivo tra il Partito democratico e il costituendo partito del popolo delle libertà, nella speranza che non venga utilizzato da questi ultimi come fattore tattico per dilatare i tempi in attesa di un referendum in quale non farebbe altro che perpetuare una crisi ed un sistema fallito quanto incapace di dare risposte incisive e necessarie ad un Paese che, sul paino delle riforme strutturali nonché istituzionale risulta essere il più immobile d’Europa”.

“L’eterno ritorno: Il conflitto tra Magistratura e Politica


MERCOLEDI’ 28 NOVEMBRE ORE 17,30
Via Edgardo Ferrati 12 00154 Roma
Metro B Stazione Garbatella


DIBATTITO

L’eterno ritorno:
Il conflitto tra Magistratura e Politica


Presiede

Sandro Natalini
Presidente Ass.Forum Terzo Millennio

Introduce

Avv.Giuseppe Pisauro
Professore di sistema e ordinamento giudiziario università dell’Aquila

Intervengono

Dott.ssa Simonetta Matone
Sostituto Procuratore presso il Tribunale dei minori di Roma

on.Enrico Buemi
Commissione Giustizia Camera

sen.Felice Casson
Commissione Giustizia Senato

sabato 17 novembre 2007

Circolo Riformisti - Socialisti “Andrea Costa”

In Omaggio a

Gaetano Pieraccini

Uniti per la Costituente Socialista


Bobo Craxi

Nicola Carnovale

Riccardo Nencini

Mauro Minghi


Venerdì 23 novembre 2007 ore 18,00

Circolo “Il Gabbione” via Sardelli n. 20 Poggibonsi (Siena)


lunedì 12 novembre 2007

Intervento di Chiara Lucacchioni - Perugia, 10 Novembre 2007

Cari Compagni,

pubblichiamo integralmente l'intervento della compagna Lucacchioni, rappresentante giovanile della componente Angius-Spini della in seno al costituendo PS, per meglio comprendere le vicessitudini che animano il dibattito tra noi nuove generazioni. La Redazione


Sono veramente felice di essere qui insieme a molti giovani per discutere insieme il nostro futuro, cercare di confrontarci e capire l’ondata di disagio giovanile che sta attraversando il nostro Paese che allontana molti di noi dall’arena politica, generando sintomi di sfiducia nel mondo istituzionale e nel ruolo valoriale degli stessi partiti e rappresentanti politici. Mancanti o tardivi risposte della classe politica italiana ai temi che ci riguardano, dalla precarietà all’impossibilità di costruire o pianificare un futuro non dico esaltante ma quanto meno dignitoso, prospettano la necessità di formare un nuovo soggetto rappresentativo delle nuove generazioni, che dia nuovo vigore e protagonismo ai giovani, che rappresentano l’ anello sociale più debole in Italia, proprio perché scarsamente rappresentato nei diversi livelli decisionali.

L’Italia rimane in questo il fanalino di coda dei Paesi europei se compariamo la politica sociale a favore dei giovani promossa dal nostro Paese e i provvedimenti adottati dal Governo Zapatero, troppo spesso ricordato per le importanti conquiste nel campo dei diritti civili, ma troppo poco per i lodevoli provvedimenti presi nei settori economico e sociali, che hanno saputo essere il reale interprete del “socialismo dei cittadini”, titolo eloquente del nostro dibattito.

Ad esempio, per stimolare le giovani coppie a mettere su casa sono previsti sussidi di 255 euro al mese per l’affitto, 600 euro per la cauzione e una garanzia di sei mesi per il proprietario di casa. Incentivi alle imprese sono stati anche previsti per trasformare i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Il Governo ha anche previsto un bonus di 2500 euro alla nascita di un figlio e ha varato un altro piano per garantire un posto al nido a tutti i bimbi da 1 a 3 anni, problema piuttosto urgente da risolvere nel nostro Paese se pensiamo che una famiglia italiana spende in media dai 250 ai 300 Euro al mese per mandare i propri bambini al nido!

Ne risulta un vero e proprio “piano giovani” che potrebbe essere utilmente preso in considerazione anche da noi. Nel suo complesso il welfare spagnolo spenderà due miliardi e mezzo di Euro in più per la voce bambini e giovani: “non poco per un paese che ha venti milioni di abitanti in meno dell’Italia” ( come cita Ferrera sul Corriere della Sera) Non c’è dubbio che una forza politica del socialismo Europeo in Italia che voglia uscire dall’ambito della ricerca di consensi nell’area della fedeltà alle vecchie bandiere e voglia parlare ai giovani, com’è necessario, debba battersi con coraggio su questi temi.

Questa conferenza avrebbe potuto rappresentare un punto di partenza per affrontare una discussione proficua su questi temi, sulla formazione del nuovo soggetto generazionale rappresentativo del costituendo Partito Socialista, pianificando la struttura organizzativa e le metodologie di lavoro insieme a tutti coloro che credono nei valori che contraddistinguono da sempre il mondo socialista. Purtroppo ciò non sarà possibile per la mancata partecipazione di frange significative del mondo giovanile socialista, come la Federazione dei giovani socialisti italiani, parte dei giovani che hanno sottoscritto la mozione “In nome della Rosa” all’ultimo Congresso dei Radicali, e parte della stessa FGS. Sono sicura che non mancherà l’occasione nei prossimi giorni.

Condivido pienamente le motivazioni che hanno spinto questi giovani, che rappresentano buona parte delle realtà intellettuali più qualificate e significative, a non partecipare, ma al contempo credo che i tempi di pratiche aventiniane appartengano a epoche storiche fortunatamente lontane e che invece sia interesse di tutti promuovere dibattiti e stimolare confronti vis a vis, senza aver paura di esprimere opinioni e idee diverse, che non devono a mio avviso provocare spaccature prima della stessa costituzione del nuovo soggetto giovanile socialista, ma che invece possono apportare arricchimenti culturali per ognuno di noi e aprire quindi la strada per un’unità di base, che soprattutto in questo delicato momento, ritengo fondamentale per poter incidere realmente sul tessuto politico italiano.

Il tutto può avvenire con un grande confronto democratico, tra tutte le anime e le sensibilità giovanili che promuovono questa nuova fase della CS, senza escludere nessuno aprioristicamente, tenendo soprattutto conto di chi opera a stretto contatto con il territorio. Prima, quindi di parlare di Conferenza programmatica, o di lanciare qualsiasi protesta che vincoli anche la maggioranza degli assenti, a mio avviso è necessario convocare tavoli di discussione e di proposta politico-organizzativa sia a livello nazionale che regionale, che stabiliscano, collegialmente e democraticamente, metodologie, regole chiare e trasparenti con cui giungere alla costituzione di un nuovo soggetto rappresentativo di tutte le varie componenti dei giovani socialisti, evitando quindi che parte di essi siano spettatori passivi di decisioni unilaterali e verticistiche, che non creano entusiasmo e non scaldano i cuori.

Sull’organizzazione stessa della nuova giovanile oserei proporre alcune innovazioni per ciò che riguarda il tesseramento e il rinnovamento anagrafico.

Per assicurare una presenza tangibile e non solo formale all’interno del Partito Socialista, è necessario evitare la “doppia tessera”, favorendo l’organizzazione dei giovani non come corpo separato dal Partito, ma parte integrante del Partito stesso. Per favorire tale processo, è necessario che i giovani al di sotto di una soglia di età, si inscrivino direttamente al Partito, senza il tesseramento alla nuova FGS. Il Partito dovrebbe quindi favorire l’abbassamento del costo della tessera per i giovani; per mantenere una minima autonomia finanziaria sarebbe sufficiente che parte del costo della tessera vada al Partito e parte alla “rete” giovanile. Tale meccanismo provocherebbe un effettivo ricambio generazionale, e non una sostituzione di poltrone tra i 50enni e gli ormai ultrasettantenni, aprendo le porte della politica ai giovani-giovani e non ai giovani ormai vecchi, facilitando la creazione, con sapienza e democrazia, di una nuova classe dirigente all’interno del Partito stesso.

Il problema reale che affronta l’area social-democratica in Italia è quello di una carenza di rappresentanza della fascia anagrafica che più di ogni altra dovrebbe essere fautrice di ricambio e rinnovamento. Manca un’intera generazione di 30-40enni, proprio quelli che nel MIDAS diedero vita al nuovo “ corso” socialista. Tutti sanno, socialisti e non, cosa significò quel “corso” per il nostro Paese. Insomma i giovani d’oggi hanno un dovere morale ed un compito politico in più. Essere non solo l’anello di congiunzione tra nuove e vecchie generazioni di socialisti, ma essere sia “operai” attivi della politica e al contempo classe dirigente di oggi. Sia chiaro, non sono per il “giovanilismo”, quote bebè o rosa in termini generici all’interno del nuovo soggetto, ma per un effettivo ricambio generazionale, che non deve avere un ruolo politico forzato in quote predeterminate, ma che deve essere guidato sulla base di criteri che garantiscano la reale meritocrazia del giovane, che non deve più avere un peso diverso da altri in base a “di chi è figlio”. Proprio per questo il limite massimo per considerarsi giovani all’interno di questo Partito credo che debba essere 28 anni o giù di li; molto spesso siamo bravi a compiangerci addosso, a lamentarci della nostra esclusione dai processi decisionali di questo Paese ( problema effettivamente reale), ma spesso siamo noi stessi a frenare il naturale decorso di assunzione di responsabilità. Come si fa a considerare ancora giovane-giovane un trentaduenne?

La mia domanda non ha né del provocatorio né ha la volontà e le caratteristiche per essere pura propaganda. Essa sorge spontanea, innanzi ad una valutazione comparata che un semplice osservatore, anche il meno avvezzo a questioni politiche, può fare.

In Inghilterra, USA, Spagna, Francia, Germania gli staff di premier e Capi di Stato sono composti prevalentemente da giovani sui 35 anni. In Italia, invece, oltre a lavorare gratuitamente per diverso tempo dopo l’università, sei considerato un bambino-prodigio se trovi un lavoro al di sotto dei 30/32 anni. O meglio, più che un enfant-prodige, sei un raccomandato di ferro che sicuramente gode già di una posizione adagiata nel contesto familiare. Per questo dobbiamo affermare a gran voce, che i giovani socialisti sono per la meritocrazia. Essere meritocratici vuol dire condurre battaglie, che tra l’altro, nessuna forza politica della sinistra oggi conduce realmente. Dobbiamo avere il coraggio di dire che siamo contro le “baronie accademiche”, e che siamo a favore di una lotta contro le posizioni di rendita derivanti da un potere discriminatorio a priori, per cui il figlio del notaio sarà notaio, mentre i figli delle vecchie e nuove fasce socialmente deboli, rispettivamente di operai e impiegati, debbano sempre rimanere i cosiddetti “ultimi” della società.

L’importante, quindi, in questa fase costituente è il “buon pensiero”. Dobbiamo avere l’ambizione e il coraggio di elaborare una piattaforma politico e programmatica di medio e lungo periodo che sappia reintegrare le classi sociali del nostro Paese, che aiuti ad uscire dall’emarginazione e dalla sofferenza chi oggi è debole, ma che sappia e favorisca l’emergere dei più meritevoli.

Necessario per connotarci come vera forza giovanile di stampo realmente riformista e progressista è animare un confronto diretto, valorizzare e non accantonare le varie e diverse anime presenti al nostro interno, pensare globale ma agire locale, promuovendo non solo un socialismo dei cittadini, ma soprattutto un socialismo tra e per i cittadini, coordinare manifestazioni su tutto il territorio nazionale che possano far arrivare la nostra voce a tutta la popolazione, visto l’impossibilità di farlo attraverso i mezzi di comunicazione.

Mettiamo, quindi, da parte le incomprensioni e le cicatrici politiche, la dove ce ne siano, e dopo le belle parole, iniziamo a lavorare concretamente sulla base dei nostri valori comuni, per iniziare ad essere non solo il futuro ma soprattutto il presente di questo Partito e di questo Paese.

Cari compagne/i, in troppi in questi anni e negli ultimi mesi, si sono affrettati a dichiarare il socialismo riformista, laico, liberale e progressista morto. Non voglio entrare nel merito della diatriba ma consentitemi di liquidare il tutto con una battuta. Prima di morire bisogna nascere.

Voglio recuperare una frase che un vecchio nonno, militante e combattente socialista ebbe a dire al nipote nel mentre raccontava le sue battaglie, quelle sul campo di guerra e quelle politiche: “fin quando ci sarà una persona che racconterà all’altra le sconfitte, le conquiste sociali e politiche dei socialisti, i loro valori e i loro ideali, il socialismo avrà futuro.”

Oggi dobbiamo avere la presunzione noi giovani di dire che quella storia che ci è stata raccontata dai nostri padri l’abbiamo appresa. Ma non vogliamo condurla per semplice dovere di testimonianza. Ma vogliamo rilanciare la dignità e l’orgoglio di essere socialisti nel XXI secolo, che tanti sia da destra che da sinistra ci hanno voluto togliere nel corso degli ultimi anni, ma che in realtà non abbiamo mai rinnegato e perso, rinnovando quindi le ragioni profonde che animano una moderna forza del socialismo europeo in Italia.

Come diceva Nenni, “le idee camminano sulle gambe degli uomini”, quindi… iniziamo a farle camminare sulle nostre di gambe!! Facciamo capire che finalmente in Italia esiste una sinistra “normale” e affermiamo a gran voce che ci siamo e perché ci siamo.

Avanti compagni!!!

mercoledì 7 novembre 2007

Documento della Federazione Giovanile de "I Socialisti Italiani"

Roma, 7 Novembre 2007
In momento in cui l’antipolitica dilagante e il discredito generalizzato verso il ceto politico, regnano incontrastate nel nostro paese, senza che vi sia una adeguata quanto necessaria risposta, la formazione di un nuovo soggetto rappresentativo delle nuove generazioni, non può che non essere il momento più opportuno per dare nuovo protagonismo a chi oggi è debole, proprio perché scarsamente rappresentato nei diversi livelli decisionali.

Non può non essere che questo il punto di partenza per affrontare una discussione sulla formazione del nuovo soggetto generazionale rappresentativo del costituendo Partito Socialista.

Non possiamo pertanto non chiedere una reale e tangibile presenza, che non sia solo tale, all’interno del nuovo soggetto, che più che saggiamente ha deciso di aprire le proprie porte a chi, ancora non maggiorenne, intende partecipare attivamente alla vita democratica del paese, incentivando proprio le adesioni di giovani compresi tra i 16 e 21 anni, con un costo ridotto della tessera. Appare pertanto opportuno che i giovani socialisti non si organizzino come corpo separato del partito, ma siano organizzati, secondo i metodi più confacenti, all’interno del nuovo Partito Socialista, autonomamente, senza nessun tesseramento separato che certifichi una ghettizzazione e separazione formale, che diventerebbe poi sostanziale con lo stesso. Un grande patto ed una grande organizzazione generazionale che sappia creare sapientemente e con metodo democratico, secondo criteri meritocratici all’interno del partito socialista, una nuova classe dirigente già nel presente.

Il tutto può avvenire con un grande confronto democratico, tra tutte le anime e le sensibilità giovanili che promuovono questa nuova fase della Costituente Socialista che intende dare vita al PS, che non escluda nessuno aprioristicamente e che tenga soprattutto conto di chi opera a stretto contatto con il territorio.

Per quanto pur brevemente detto, la “Federazione dei Giovani Socialisti Italiani”, non può partecipare all’iniziativa perugina dei giorni 11 e 12, ove la stessa in quanto “unitaria” avrebbe richiesto la feconda ed opportuna coordinazione e collaborazione tra tutti i soggetti e le sensibilità presenti in campo e non la convocazione “unilaterale” dell’evento, relegando sostanzialmente ad un puro ruolo di invitato, forse neanche gradito, anche coloro che dovrebbero esserne parte integrante. Appare pertanto necessaria la convocazione di un tavolo di discussione e di proposta politico – organizzativa, che stabilisca collegialmente, le metodologie con cui giungere alla costituzione del nuovo soggetto rappresentativo di tutti i giovani socialisti, evitando copioni già scritti, letti e riletti di gattopardesca memoria: “Cambiamo tutto, perché nulla cambi”.

lunedì 29 ottobre 2007

Emergenza criminalità: “il puzzo del compromesso morale”

Riceviamo e pubblichiamo l'articolo del compagno Marco Lamonica dalla Campania tratto dal primo numero di "Avanti Giovani"

La criminalità organizzata, con tutti i suoi immancabili corollari (microcriminalità emulativa, racket, contraffazione, appalti truccati, sfruttamento della prostituzione, spaccio di sostanze stupe-facenti, traffico di rifiuti ecc.), è un atavico problema delle regioni meridionali.
Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo assistito ad una recrudescenza di questo fenomeno che ci ha mostrato tutta la sua pericolosa invasività.
Regioni come la Calabria e la Campania, infatti, sono balzate agli onori della cronaca per fatti di sangue che hanno particolarmente sconvolto l’opinione pubblica nazionale .
Sono ancora vivi nelle persone i ricordi dei terribili giorni dell’omicidio Fortugno, politico calabrese freddato dai sicari della ‘Ndrangheta mentre votava per le primarie del centrosinistra; così come nessuno ha dimenticato la guerra di camorra che per mesi ha attanagliato la Campania in una spirale di sangue che ha visto cadere decine di giovani sotto i colpi dei killer della camorra: non passava giorno senza un morto ammazzato, non passava giorno senza la ritorsione del clan a cui apparteneva.
Oggi gli analisti della Polizia e della DDA ci avvertono che anche in Sicilia si è rotta la “pax mafiosa” che governava gli equilibri criminali dell’isola da quindici anni; anche qui la guerra è iniziata, anche qui comincia il conteggio delle vittime.
E’ questo per il Meridione il problema più grave, il primo dei problemi; una piaga sociale che affligge questa terra da più di un secolo e deprime tutti gli spiriti liberi; soffoca gli aneliti di legalità di un popolo che orgogliosamente ha tentato più volte di alzare la testa, ma che, quasi sempre, è stato costretto a rimetterla sotto la sabbia perché lasciato solo da politici che hanno il pieno di presenze a convegni e a funerali ma che, vergognosamente, risultano assenti in Parlamento quando si tratta di votare una legge per la confisca e il riutilizzo dei beni sequestrati ai mafiosi che sia quanto meno “adoperabile”.
Un gruppo di economisti campani, mesi fa, condusse una ricerca per quantificare, nei limiti del possibile, l’indotto economico della camorra nella sola Campania.
Ebbene i risultati di questo studio furono strabilianti specie se si tiene conto della assoluta parzialità dei dati a disposizione: questi ricercatori hanno quantificato il “PIL“ della camorra, nella sola Campania, in una cifra che si aggira intorno a qualche decina di miliardi di euro!!!!! (sì, avete capito bene, “decina di miliardi di euro”).
D'altronde la cifra non desta particolare stupore tra gli addetti ai lavori che ci dicono che una sola “piazza di spaccio” (a Napoli le chiamano militarmente “basi”) è in grado di guadagnare anche 50.000 euro in un giorno, (a Napoli se ne contano almeno 100, senza contare la cintura metropolitana) a cui si aggiungono tutte le altre fiorenti attività delinquenziali gestite, su tutte appalti, racket e immondizia.
Mesi fa uno scrittore emergente, Roberto Saviano, balzò in cima alle vendite con un bellissimo libro in cui spiegava dettagliatamente gli affari e le usanze dei boss della camorra casertana, diventando a suo modo famoso e guadagnandosi parecchie minacce di morte.
Ebbene Saviano non si era inventato nulla, aveva semplicemente attinto informazioni da atti di inchieste della DDA oramai non più secretati, quindi pubblici per tutti.
C’era davvero bisogno del coraggio di questo fantastico scrittore per portare a conoscenza dell’o-pinione pubblica affari e liturgie che a quanto pare conoscevano in tanti?
I politici o i giornalisti che sovente gli lisciano il pelo dove erano?
In letargo, probabilmente, o forse ritenevano più importanti le dritte di lady Mastella su come educare la famiglia.
Di questo silenzio, di questo far finta di niente, di questo voltarsi dall’altra parte, si foraggia quotidianamente la cultura dell’antistato, anzi, proprio grazie a questo, l’antistato si annida nella società e si fa Stato, cosicchè a Napoli per avere uno sfratto esecutivo i cittadini non si rivolgono più ai tribunali, ma alla camorra che spesso è più efficiente.
I conti e i pensieri corrono velocemente così come il sogno di provare a immaginare quanta ricchezza produrrebbe, quanto lavoro nero emergerebbe o, semplicemente, come sarebbe bella la vita in questa terra liberata da questo grave flagello sociale.
Noi, giovani socialisti italiani, lo facciamo spesso ed è per questo che ci interroghiamo e proviamo a immaginare soluzioni o, almeno, freni a questa dilagante cultura dell’antistato, a questa depressione continua e quotidiana della cultura della legalità e del vivere onestamente.
Ma non abbiamo la forza di imporle senza l’appoggio di quegli stessi politici che vengono nel Meridione solo in campagna elettorale, a fare promesse sempre disattese o ai funerali, in doppio petto, a mostrarci la loro falsa indignazione.
Noi giovani socialisti italiani ci indigniamo e non esitiamo a denunciare questo grave stato delle cose e condividiamo, con un grande meridionale morto ammazzato dalla mafia, il giudice Borsellino, che la mafia fa schifo e che bisogna rifiutare “il puzzo del compromesso morale”.
Non possiamo far altro che dire ai meridionali onesti: coraggio…. resistiamo, resistiamo, resistiamo !!!!!!

Marco Lamonica

mercoledì 24 ottobre 2007

Sempre più triste il destino della Birmania

Biografia di una dittatura-tratto dall' Avanti del 19 Ottobre

La comunità internazionale osserva impotente. Cos’è successo? Di cosa stiamo parlando? Il 19 agosto il governo birmano aumenta del cinquecento per cento il prezzo del carburante ed effettua un rincaro dei beni di prima necessità. Cominciano le proteste pacifiche. Il 5 settembre tre monaci buddisti vengono feriti dai soldati mentre partecipano ad una manifestazione a Pakokku. Il 26 settembre i soldati sparano sui manifestanti e uccidono almeno quattro monaci. Il resto è noto a tutti.
La Birmania, ribattezzata nel 1989 Myanmar dalla giunta militare al potere, è un’ex colonia britannica. Indipendente dal 1948, è governata dal 1962 dal generale golpista Ne Win. Nel 1988 il generale fu spodestato dall’esercito. Arrivata al potere la giunta militare, che represse nel sangue una rivolta popolare causata dall’aumento del costo della vita. La rivolta democratica del 1988 contò più di tremila vittime. Leader oppositori, come Min Ko Naing o Ko Ko Gyi, hanno trascorso almeno quindici anni in prigione. Dura e spietata fù la repressione. Tra le vittime e gli arrestati ci furono anche molti monaci. Da allora, il rapporto tra i religiosi e il governo sarà sempre teso. Il 1990 è l’anno delle elezioni democratiche. Almeno così doveva essere. La Lega nazionale per la democrazia (Nld), capeggiata da Aung San Suu Kyi, ottiene 392 seggi parlamentari su 485. Vittoria? La giunta militare sospende il Parlamento, dichiara fuorilegge tutti i partiti e arresta San Suu Kyi. La donna leader vivrà, da quel giorno, in prigione e, poi, agli arresti domiciliari. Dopo i fatti di settembre sarà condotta dalla sua residenza al carcere di Insein. Questa la biografia della dittatura militare, capeggiata dal generale Tan Shwe, affiancato dallo xenofobo Maung Aye e dal primo ministro, ovviamente generale, Soe Win. Questa la storia di un popolo oppresso e ridotto al silenzio. Queste le costanti violazioni dei diritti umani e molto di più. Ci saranno gli estremi per un’azione che ridia libertà e faccia giustizia? Il Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si è riunito. Cosa ha deciso? Nel primo incontro niente. Cina e Russia non hanno volontà: sono questioni interne, dicono. Nella riunione del 10 ottobre scorso si è trovato l’accordo per una risoluzione non vincolante. Si deplora la condotta della giunta Birmana e si richiede l’immediata liberazione degli oppositori arrestati. Ha vinto la linea morbida. Le ragioni politico-economiche russe e cinesi non hanno permesso altro. La Cina è da sempre il miglior alleato e partner della giunta militare. A gennaio pone il veto su una risoluzione Onu di condanna alle violazioni dei diritti umani in Birmania. Tre giorni dopo ottiene una vantaggiosissima concessione sul gas della Baia del Bengala. Protezione e altro in cambio di buoni affari e un alleato. L’Ue ha applicato sanzioni economiche. Gli Stati Uniti d’America, dal 1990, hanno sempre imposto pesanti restrizioni. La Birmania fu accettata nell’Asean (Association of southeast asian nations) nel 1997. Dichiaravano: per innescare un cambiamento attraverso un “impegno costruttivo”. Molto più cinicamente, per garantire l’accesso dei Paesi membri alle ricche risorse di questo Paese. L’India? Un vicino interessatamente silenzioso. Ma allora, religiosi, uomini e donne birmane sono condannati alla dittatura eterna? Soltanto i Paesi amici della dittatura o limitrofi potrebbero fare qualcosa. Cina, Russia e India sarebbero intermediari perfetti, gli unici a poter imporre delle pressioni alla giunta. La politica estera “non è bianca o nera”. Azioni forti presuppongono sempre grandi interessi. Troppe le variabili da calcolare. Il più delle volte assistiamo alle condanne e, comunque, osserviamo la morte. Le Nazioni Unite, paralizzate da un Consiglio di sicurezza che, se non riformato, sarà sempre sottomesso al volere-veto dei membri permanenti. I morti hanno eguale valore in tutte le parti del mondo? Contano sempre? La risposta è lapidaria: il valore che viene attribuito è differente. Gli alleati della giunta militare birmana proteggono, per interesse, il proprio alleato. La comunità internazionale solidarizza con gli oppositori, democraticamente eletti come governanti, ma non impone delle pressioni tali da far cambiare politica agli amici del soldo dittatoriale. Triste il destino dei birmani. Per quanto tempo il mondo punterà le telecamere in questa parte d’Oriente? La certezza è che si spegneranno. Quante volte è già successo? A luci spente, chi fermerà la giunta? Se nulla sarà fatto, in breve termine, ci saranno ancora oppositori in Birmania?

Marco Caruso
Federazione giovanile “I Socialisti italiani”


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Voto di fiducia, il ricatto elevato a sistema

Tratto dall'Avanti del 18 Ottobre

Quello che poteva sembrare materia di discussione per un seminario dell’associazione costituzionalisti si è materializzato nella realtà politica. Solo qualche decennio indietro il Parlamento era il luogo sovrano e indiscusso di proposta e di modifica non solo delle leggi finanziarie, ma di qualsiasi disegno di legge che prevedesse un progetto di riforma organico di qualsivoglia materia. Con l’avvento dell’anomalo e tutto nostrano sistema maggioritario, dalle coalizioni composte al grido “dentro tutti”, si è andata dapprima costituendosi, per poi presto affermarsi e divenire prassi, la cosiddetta “questione di fiducia”, i cui albori risalgono proprio al primo governo Prodi. Il recentissimo appello del presidente Napolitano, per un confronto parlamentare corretto, che dovrebbe essere tale sia nelle “forme”, sia nei “contenuti”, saggio quanto necessario, rischia di cadere nel vuoto, di fronte a un sistema politico che antepone a qualsiasi problema che si trova a dover affrontare, l’esigenza di mantenimento del “cadreghino”.
La “questione di fiducia”, sia per le metodologie d’uso, sia per la dottrina che la ispira, presenta a mio avviso più di un dubbio di legittimità costituzionale; tra gli altri il vincolo di “mandato imperativo”, risulta essere palesemente violato, innanzi a situazioni che “obbligano” seppur indirettamente, il voto del parlamentare su un determinato disegno di legge, legando le sorte di questo alla vita del governo, e sottoponendo conseguenzialmente il parlamentare stesso a un vincolo implicito di coalizione, sia moralmente, ma potenzialmente anche giuridicamente, in quanto la legge elettorale obbliga espressamente all’atto di presentazione delle liste l’apparentamento (eventuale) con una coalizione. Oltretutto bisogna adeguatamente valutare che in tale contesto, il parlamentare è naturalmente più propenso ad agire per la tutela e la conservazione del proprio “status” - anteponendo l’interesse personale all’interesse generale - e non risulterebbe così immondo pensare che il secondo soccomba al primo.
Ma il problema sollevato dal Presidente è ancor più articolato e pertanto complesso, perché non solo mette in rilievo un reale problema politico che si riscontra e si ripercuote sistematicamente nell’attività legislativa quotidiana, ma segnala un progressivo e inesorabile svuotamento del ruolo d’indirizzo politico del Parlamento, organo costituzionale a cui è affidata in via esclusiva, salvo eccezioni, il potere legislativo. Il messaggio presidenziale, del resto, oltre a inquadrare un problema che si protrae da un decennio, segna una continuità di vedute con il precedente inquilino del Colle. Lo stesso Ciampi, nel messaggio di rinvio alle camere del disegno di riforma del sistema giudiziario (la prima “versione” della riforma Castelli) evidenziò oltre che la palese incostituzionalità per violazione di più articoli della Carta costituzionale, l’inadeguatezza del testo legislativo del progetto di riforma che possiamo direttamente attribuire, senza azzardo alcuno, ai cosiddetti maxi-emendamenti approvati con voto di fiducia.
Insomma, una legge di riforma così complessa e articolata di un settore oggettivamente delicato, quale quello giudiziario, che ridisegnava radicalmente l’organizzazione dello stesso (mai entrata formalmente in vigore, pur essendo stata controfirmata in seconda battuta dal capo dello Stato), constava di soli due articoli: il primo con 49 commi, il secondo con ben 51. Un ulteriore commento, in merito e nel merito, lo lascio a voi lettori. Ma l’esempio è solo uno dei tanti che potremmo fare. Esso palesa non solo quanto sopra già espresso, ma apre a una riflessione più organica, che non può non interessare l’inadeguatezza del sistema bipolare e del sistema politico che si sono generati nella seconda Repubblica, dove per poter legiferare, spesso e volentieri, si ha bisogno del “ricatto di fiducia”.
Appare francamente impossibile continuare a non considerare quanto avviene, o farlo con superficialità. È un campanello d’allarme che suona ininterrottamente da lungo tempo, che tenta inutilmente di avvertirci di una anomalia all’interno del sistema nostrano. È una spia rossa che segnala un malfunzionamento di un sistema che non riesce a riformarsi ma soprattutto non genera da anni riforme radicali e durature, che sempre più si rendono necessarie. In molti, costituzionalisti, studiosi delle dottrine politiche e quant’altro, parafrasando un vecchio proverbio, amano asserire: “Dimmi come legiferi, e ti dirò che Stato sei”. In tal caso, non credo che il nostro paese si presenti bene.

Nicola Carnovale

mercoledì 17 ottobre 2007

I giovani per il Partito Socialista

Sabato 20 Ottobre "Hotel Michelangelo V.le F.lli Rosselli, 2 ore 16
LAICITA', DIRITTI, GARANZIE

Presiede: Anna Giulia FAZZINI
Intervengono: Riccardo NENCINI; Franco GRILLINI; Mauro DEL BUE; Saverio ZAVETTIERI; Nicola CARNOVALE; Lorenzo PIRROTTA; Tommaso CIUFFOLETTI; Francesco MOSCA

Domenica 21 Ottobre, Circolo "La Saletta"Via Luigi La Vista,1 – zona Le Cure ore 10
I GIOVANI PER IL PARTITO SOCIALISTA

Presiedono: Roberto MATOZZI; Elisa BONI; Mirko MECACCI
Intervengono: Giuliano SOTTANI; Paolo BENESPERI; Giacomino GRANCHI
Conclude: Pieraldo CIUCCHI

Programma incontro 19 Ottobre - Roma Garbatella


mercoledì 10 ottobre 2007

venerdì 5 ottobre 2007

I Consiglio nazionale Federazione giovanile

Si è svolto ieri il nostro primo consiglio nazionale, in concomitanza con il consiglio nazionale de "I Socialisti Italiani". All'interno dell'hotel universo di Roma è stata definita la composizione della Direzione Nazionale (che pubblicheremo in questi giorni), affiancata dalle relative deleghe e funzioni.



Il consiglio nazionale del partito ha accettato la proposta di allargamento nei confronti di 7 appartenenti alla nostra Federazione, nonchè l'ingresso di due compagni giovani nella Direzione Nazionale. Questo dimostra, ancora una volta, l'apertura del partito nei confronti degli elementi più giovani, ma non per questo meno attivi.



E' stata anche fissata la linea politica da tenere nel corso della formazione della giovanile della costituente. Riteniamo infatti prioritaria la costituzione e la stesura dello statuto del nuovo soggetto, per rendere il più trasparente possibile la nuova giovanile unitaria, la cui costruzione ci vede tutti protagonisti. A cominciare dalla prima fase, vale a dire quella delle adesioni.

Nel corso del nostro consiglio nazionale è stato presentato sia questo blog, sia il giornale "Avanti Giovani", quest'ultimo attualmente in distribuzione all'interno dei saloni di Confindustria, durante lo svolgimento della Conferenza programmatica della Costituente Socialista.



Il giornale sarà disponibile in serata, in formato pdf, sul blog per tutti coloro che non hanno avuto modo di averlo sottomano.

mercoledì 3 ottobre 2007

Modifiche nel programma delle Primarie delle idee

Postiamo le modifiche avvenute nel programma degli interventi della Conferenza del 5 e del 6 di Ottobre. Per scaricare l'immagine è necessario cliccare con il tasto destro del mouse sull'immagine e scegliere l'opzione preferita.

Le primarie delle idee: verso la conferenza di programma


martedì 2 ottobre 2007