lunedì 29 ottobre 2007

Emergenza criminalità: “il puzzo del compromesso morale”

Riceviamo e pubblichiamo l'articolo del compagno Marco Lamonica dalla Campania tratto dal primo numero di "Avanti Giovani"

La criminalità organizzata, con tutti i suoi immancabili corollari (microcriminalità emulativa, racket, contraffazione, appalti truccati, sfruttamento della prostituzione, spaccio di sostanze stupe-facenti, traffico di rifiuti ecc.), è un atavico problema delle regioni meridionali.
Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo assistito ad una recrudescenza di questo fenomeno che ci ha mostrato tutta la sua pericolosa invasività.
Regioni come la Calabria e la Campania, infatti, sono balzate agli onori della cronaca per fatti di sangue che hanno particolarmente sconvolto l’opinione pubblica nazionale .
Sono ancora vivi nelle persone i ricordi dei terribili giorni dell’omicidio Fortugno, politico calabrese freddato dai sicari della ‘Ndrangheta mentre votava per le primarie del centrosinistra; così come nessuno ha dimenticato la guerra di camorra che per mesi ha attanagliato la Campania in una spirale di sangue che ha visto cadere decine di giovani sotto i colpi dei killer della camorra: non passava giorno senza un morto ammazzato, non passava giorno senza la ritorsione del clan a cui apparteneva.
Oggi gli analisti della Polizia e della DDA ci avvertono che anche in Sicilia si è rotta la “pax mafiosa” che governava gli equilibri criminali dell’isola da quindici anni; anche qui la guerra è iniziata, anche qui comincia il conteggio delle vittime.
E’ questo per il Meridione il problema più grave, il primo dei problemi; una piaga sociale che affligge questa terra da più di un secolo e deprime tutti gli spiriti liberi; soffoca gli aneliti di legalità di un popolo che orgogliosamente ha tentato più volte di alzare la testa, ma che, quasi sempre, è stato costretto a rimetterla sotto la sabbia perché lasciato solo da politici che hanno il pieno di presenze a convegni e a funerali ma che, vergognosamente, risultano assenti in Parlamento quando si tratta di votare una legge per la confisca e il riutilizzo dei beni sequestrati ai mafiosi che sia quanto meno “adoperabile”.
Un gruppo di economisti campani, mesi fa, condusse una ricerca per quantificare, nei limiti del possibile, l’indotto economico della camorra nella sola Campania.
Ebbene i risultati di questo studio furono strabilianti specie se si tiene conto della assoluta parzialità dei dati a disposizione: questi ricercatori hanno quantificato il “PIL“ della camorra, nella sola Campania, in una cifra che si aggira intorno a qualche decina di miliardi di euro!!!!! (sì, avete capito bene, “decina di miliardi di euro”).
D'altronde la cifra non desta particolare stupore tra gli addetti ai lavori che ci dicono che una sola “piazza di spaccio” (a Napoli le chiamano militarmente “basi”) è in grado di guadagnare anche 50.000 euro in un giorno, (a Napoli se ne contano almeno 100, senza contare la cintura metropolitana) a cui si aggiungono tutte le altre fiorenti attività delinquenziali gestite, su tutte appalti, racket e immondizia.
Mesi fa uno scrittore emergente, Roberto Saviano, balzò in cima alle vendite con un bellissimo libro in cui spiegava dettagliatamente gli affari e le usanze dei boss della camorra casertana, diventando a suo modo famoso e guadagnandosi parecchie minacce di morte.
Ebbene Saviano non si era inventato nulla, aveva semplicemente attinto informazioni da atti di inchieste della DDA oramai non più secretati, quindi pubblici per tutti.
C’era davvero bisogno del coraggio di questo fantastico scrittore per portare a conoscenza dell’o-pinione pubblica affari e liturgie che a quanto pare conoscevano in tanti?
I politici o i giornalisti che sovente gli lisciano il pelo dove erano?
In letargo, probabilmente, o forse ritenevano più importanti le dritte di lady Mastella su come educare la famiglia.
Di questo silenzio, di questo far finta di niente, di questo voltarsi dall’altra parte, si foraggia quotidianamente la cultura dell’antistato, anzi, proprio grazie a questo, l’antistato si annida nella società e si fa Stato, cosicchè a Napoli per avere uno sfratto esecutivo i cittadini non si rivolgono più ai tribunali, ma alla camorra che spesso è più efficiente.
I conti e i pensieri corrono velocemente così come il sogno di provare a immaginare quanta ricchezza produrrebbe, quanto lavoro nero emergerebbe o, semplicemente, come sarebbe bella la vita in questa terra liberata da questo grave flagello sociale.
Noi, giovani socialisti italiani, lo facciamo spesso ed è per questo che ci interroghiamo e proviamo a immaginare soluzioni o, almeno, freni a questa dilagante cultura dell’antistato, a questa depressione continua e quotidiana della cultura della legalità e del vivere onestamente.
Ma non abbiamo la forza di imporle senza l’appoggio di quegli stessi politici che vengono nel Meridione solo in campagna elettorale, a fare promesse sempre disattese o ai funerali, in doppio petto, a mostrarci la loro falsa indignazione.
Noi giovani socialisti italiani ci indigniamo e non esitiamo a denunciare questo grave stato delle cose e condividiamo, con un grande meridionale morto ammazzato dalla mafia, il giudice Borsellino, che la mafia fa schifo e che bisogna rifiutare “il puzzo del compromesso morale”.
Non possiamo far altro che dire ai meridionali onesti: coraggio…. resistiamo, resistiamo, resistiamo !!!!!!

Marco Lamonica

mercoledì 24 ottobre 2007

Sempre più triste il destino della Birmania

Biografia di una dittatura-tratto dall' Avanti del 19 Ottobre

La comunità internazionale osserva impotente. Cos’è successo? Di cosa stiamo parlando? Il 19 agosto il governo birmano aumenta del cinquecento per cento il prezzo del carburante ed effettua un rincaro dei beni di prima necessità. Cominciano le proteste pacifiche. Il 5 settembre tre monaci buddisti vengono feriti dai soldati mentre partecipano ad una manifestazione a Pakokku. Il 26 settembre i soldati sparano sui manifestanti e uccidono almeno quattro monaci. Il resto è noto a tutti.
La Birmania, ribattezzata nel 1989 Myanmar dalla giunta militare al potere, è un’ex colonia britannica. Indipendente dal 1948, è governata dal 1962 dal generale golpista Ne Win. Nel 1988 il generale fu spodestato dall’esercito. Arrivata al potere la giunta militare, che represse nel sangue una rivolta popolare causata dall’aumento del costo della vita. La rivolta democratica del 1988 contò più di tremila vittime. Leader oppositori, come Min Ko Naing o Ko Ko Gyi, hanno trascorso almeno quindici anni in prigione. Dura e spietata fù la repressione. Tra le vittime e gli arrestati ci furono anche molti monaci. Da allora, il rapporto tra i religiosi e il governo sarà sempre teso. Il 1990 è l’anno delle elezioni democratiche. Almeno così doveva essere. La Lega nazionale per la democrazia (Nld), capeggiata da Aung San Suu Kyi, ottiene 392 seggi parlamentari su 485. Vittoria? La giunta militare sospende il Parlamento, dichiara fuorilegge tutti i partiti e arresta San Suu Kyi. La donna leader vivrà, da quel giorno, in prigione e, poi, agli arresti domiciliari. Dopo i fatti di settembre sarà condotta dalla sua residenza al carcere di Insein. Questa la biografia della dittatura militare, capeggiata dal generale Tan Shwe, affiancato dallo xenofobo Maung Aye e dal primo ministro, ovviamente generale, Soe Win. Questa la storia di un popolo oppresso e ridotto al silenzio. Queste le costanti violazioni dei diritti umani e molto di più. Ci saranno gli estremi per un’azione che ridia libertà e faccia giustizia? Il Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si è riunito. Cosa ha deciso? Nel primo incontro niente. Cina e Russia non hanno volontà: sono questioni interne, dicono. Nella riunione del 10 ottobre scorso si è trovato l’accordo per una risoluzione non vincolante. Si deplora la condotta della giunta Birmana e si richiede l’immediata liberazione degli oppositori arrestati. Ha vinto la linea morbida. Le ragioni politico-economiche russe e cinesi non hanno permesso altro. La Cina è da sempre il miglior alleato e partner della giunta militare. A gennaio pone il veto su una risoluzione Onu di condanna alle violazioni dei diritti umani in Birmania. Tre giorni dopo ottiene una vantaggiosissima concessione sul gas della Baia del Bengala. Protezione e altro in cambio di buoni affari e un alleato. L’Ue ha applicato sanzioni economiche. Gli Stati Uniti d’America, dal 1990, hanno sempre imposto pesanti restrizioni. La Birmania fu accettata nell’Asean (Association of southeast asian nations) nel 1997. Dichiaravano: per innescare un cambiamento attraverso un “impegno costruttivo”. Molto più cinicamente, per garantire l’accesso dei Paesi membri alle ricche risorse di questo Paese. L’India? Un vicino interessatamente silenzioso. Ma allora, religiosi, uomini e donne birmane sono condannati alla dittatura eterna? Soltanto i Paesi amici della dittatura o limitrofi potrebbero fare qualcosa. Cina, Russia e India sarebbero intermediari perfetti, gli unici a poter imporre delle pressioni alla giunta. La politica estera “non è bianca o nera”. Azioni forti presuppongono sempre grandi interessi. Troppe le variabili da calcolare. Il più delle volte assistiamo alle condanne e, comunque, osserviamo la morte. Le Nazioni Unite, paralizzate da un Consiglio di sicurezza che, se non riformato, sarà sempre sottomesso al volere-veto dei membri permanenti. I morti hanno eguale valore in tutte le parti del mondo? Contano sempre? La risposta è lapidaria: il valore che viene attribuito è differente. Gli alleati della giunta militare birmana proteggono, per interesse, il proprio alleato. La comunità internazionale solidarizza con gli oppositori, democraticamente eletti come governanti, ma non impone delle pressioni tali da far cambiare politica agli amici del soldo dittatoriale. Triste il destino dei birmani. Per quanto tempo il mondo punterà le telecamere in questa parte d’Oriente? La certezza è che si spegneranno. Quante volte è già successo? A luci spente, chi fermerà la giunta? Se nulla sarà fatto, in breve termine, ci saranno ancora oppositori in Birmania?

Marco Caruso
Federazione giovanile “I Socialisti italiani”


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Voto di fiducia, il ricatto elevato a sistema

Tratto dall'Avanti del 18 Ottobre

Quello che poteva sembrare materia di discussione per un seminario dell’associazione costituzionalisti si è materializzato nella realtà politica. Solo qualche decennio indietro il Parlamento era il luogo sovrano e indiscusso di proposta e di modifica non solo delle leggi finanziarie, ma di qualsiasi disegno di legge che prevedesse un progetto di riforma organico di qualsivoglia materia. Con l’avvento dell’anomalo e tutto nostrano sistema maggioritario, dalle coalizioni composte al grido “dentro tutti”, si è andata dapprima costituendosi, per poi presto affermarsi e divenire prassi, la cosiddetta “questione di fiducia”, i cui albori risalgono proprio al primo governo Prodi. Il recentissimo appello del presidente Napolitano, per un confronto parlamentare corretto, che dovrebbe essere tale sia nelle “forme”, sia nei “contenuti”, saggio quanto necessario, rischia di cadere nel vuoto, di fronte a un sistema politico che antepone a qualsiasi problema che si trova a dover affrontare, l’esigenza di mantenimento del “cadreghino”.
La “questione di fiducia”, sia per le metodologie d’uso, sia per la dottrina che la ispira, presenta a mio avviso più di un dubbio di legittimità costituzionale; tra gli altri il vincolo di “mandato imperativo”, risulta essere palesemente violato, innanzi a situazioni che “obbligano” seppur indirettamente, il voto del parlamentare su un determinato disegno di legge, legando le sorte di questo alla vita del governo, e sottoponendo conseguenzialmente il parlamentare stesso a un vincolo implicito di coalizione, sia moralmente, ma potenzialmente anche giuridicamente, in quanto la legge elettorale obbliga espressamente all’atto di presentazione delle liste l’apparentamento (eventuale) con una coalizione. Oltretutto bisogna adeguatamente valutare che in tale contesto, il parlamentare è naturalmente più propenso ad agire per la tutela e la conservazione del proprio “status” - anteponendo l’interesse personale all’interesse generale - e non risulterebbe così immondo pensare che il secondo soccomba al primo.
Ma il problema sollevato dal Presidente è ancor più articolato e pertanto complesso, perché non solo mette in rilievo un reale problema politico che si riscontra e si ripercuote sistematicamente nell’attività legislativa quotidiana, ma segnala un progressivo e inesorabile svuotamento del ruolo d’indirizzo politico del Parlamento, organo costituzionale a cui è affidata in via esclusiva, salvo eccezioni, il potere legislativo. Il messaggio presidenziale, del resto, oltre a inquadrare un problema che si protrae da un decennio, segna una continuità di vedute con il precedente inquilino del Colle. Lo stesso Ciampi, nel messaggio di rinvio alle camere del disegno di riforma del sistema giudiziario (la prima “versione” della riforma Castelli) evidenziò oltre che la palese incostituzionalità per violazione di più articoli della Carta costituzionale, l’inadeguatezza del testo legislativo del progetto di riforma che possiamo direttamente attribuire, senza azzardo alcuno, ai cosiddetti maxi-emendamenti approvati con voto di fiducia.
Insomma, una legge di riforma così complessa e articolata di un settore oggettivamente delicato, quale quello giudiziario, che ridisegnava radicalmente l’organizzazione dello stesso (mai entrata formalmente in vigore, pur essendo stata controfirmata in seconda battuta dal capo dello Stato), constava di soli due articoli: il primo con 49 commi, il secondo con ben 51. Un ulteriore commento, in merito e nel merito, lo lascio a voi lettori. Ma l’esempio è solo uno dei tanti che potremmo fare. Esso palesa non solo quanto sopra già espresso, ma apre a una riflessione più organica, che non può non interessare l’inadeguatezza del sistema bipolare e del sistema politico che si sono generati nella seconda Repubblica, dove per poter legiferare, spesso e volentieri, si ha bisogno del “ricatto di fiducia”.
Appare francamente impossibile continuare a non considerare quanto avviene, o farlo con superficialità. È un campanello d’allarme che suona ininterrottamente da lungo tempo, che tenta inutilmente di avvertirci di una anomalia all’interno del sistema nostrano. È una spia rossa che segnala un malfunzionamento di un sistema che non riesce a riformarsi ma soprattutto non genera da anni riforme radicali e durature, che sempre più si rendono necessarie. In molti, costituzionalisti, studiosi delle dottrine politiche e quant’altro, parafrasando un vecchio proverbio, amano asserire: “Dimmi come legiferi, e ti dirò che Stato sei”. In tal caso, non credo che il nostro paese si presenti bene.

Nicola Carnovale

mercoledì 17 ottobre 2007

I giovani per il Partito Socialista

Sabato 20 Ottobre "Hotel Michelangelo V.le F.lli Rosselli, 2 ore 16
LAICITA', DIRITTI, GARANZIE

Presiede: Anna Giulia FAZZINI
Intervengono: Riccardo NENCINI; Franco GRILLINI; Mauro DEL BUE; Saverio ZAVETTIERI; Nicola CARNOVALE; Lorenzo PIRROTTA; Tommaso CIUFFOLETTI; Francesco MOSCA

Domenica 21 Ottobre, Circolo "La Saletta"Via Luigi La Vista,1 – zona Le Cure ore 10
I GIOVANI PER IL PARTITO SOCIALISTA

Presiedono: Roberto MATOZZI; Elisa BONI; Mirko MECACCI
Intervengono: Giuliano SOTTANI; Paolo BENESPERI; Giacomino GRANCHI
Conclude: Pieraldo CIUCCHI

Programma incontro 19 Ottobre - Roma Garbatella


mercoledì 10 ottobre 2007

venerdì 5 ottobre 2007

I Consiglio nazionale Federazione giovanile

Si è svolto ieri il nostro primo consiglio nazionale, in concomitanza con il consiglio nazionale de "I Socialisti Italiani". All'interno dell'hotel universo di Roma è stata definita la composizione della Direzione Nazionale (che pubblicheremo in questi giorni), affiancata dalle relative deleghe e funzioni.



Il consiglio nazionale del partito ha accettato la proposta di allargamento nei confronti di 7 appartenenti alla nostra Federazione, nonchè l'ingresso di due compagni giovani nella Direzione Nazionale. Questo dimostra, ancora una volta, l'apertura del partito nei confronti degli elementi più giovani, ma non per questo meno attivi.



E' stata anche fissata la linea politica da tenere nel corso della formazione della giovanile della costituente. Riteniamo infatti prioritaria la costituzione e la stesura dello statuto del nuovo soggetto, per rendere il più trasparente possibile la nuova giovanile unitaria, la cui costruzione ci vede tutti protagonisti. A cominciare dalla prima fase, vale a dire quella delle adesioni.

Nel corso del nostro consiglio nazionale è stato presentato sia questo blog, sia il giornale "Avanti Giovani", quest'ultimo attualmente in distribuzione all'interno dei saloni di Confindustria, durante lo svolgimento della Conferenza programmatica della Costituente Socialista.



Il giornale sarà disponibile in serata, in formato pdf, sul blog per tutti coloro che non hanno avuto modo di averlo sottomano.

mercoledì 3 ottobre 2007

Modifiche nel programma delle Primarie delle idee

Postiamo le modifiche avvenute nel programma degli interventi della Conferenza del 5 e del 6 di Ottobre. Per scaricare l'immagine è necessario cliccare con il tasto destro del mouse sull'immagine e scegliere l'opzione preferita.

Le primarie delle idee: verso la conferenza di programma


martedì 2 ottobre 2007