martedì 18 dicembre 2007

Giovani e Socialisti


dal numero 2 di Labouratorio (17 Dic. 2007)

Potenziare e prevenire: le due parole per una città sicura
di Chiara Lucacchioni - Lunedì 17 Dicembre 2007 -

(*) La sicurezza delle città in cui viviamo costituisce uno dei temi più scottanti nei dibattiti alimentati dall’opinione pubblica italiana.Il diritto alla libertà e alla sicurezza del cittadino , per l’importanza che riveste nello scenario politico globale negli ultimi vent’anni, viene persino sancita nella legislazione internazionale, ovvero nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.Oggi, infatti, è il tema che occupa il primo o il secondo posto nelle preoccupazioni dei cittadini, soprattutto di quei segmenti sociali più “deboli”, ovvero donne, anziani e bambini. Per questo costituisce un fattore “strumentale” che le politiche di Governo, locale e nazionale devono affrontare organicamente e efficacemente.
Il concetto di sicurezza nel territorio urbano ha subito negli ultimi anni una significativa evoluzione. La vecchia idea di città sicura riconduceva essenzialmente la criticità ad un problema di incolumità personale rispetto a fenomeni criminosi: questo tipo di sicurezza, relativo all’ordine pubblico nel suo aspetto di “polizia”, fa riferimento sia ad approcci risolutivi di tipo repressivo che preventivo, ma è tipicamente afferente alle competenze delle sole forze dell’ordine.La domanda di sicurezza da parte dei cittadini sta assumendo un’accezione più ampia, riferita alla vivibilità, alla libertà di muoversi, lavorare e usufruire con serenità degli spazi pubblici e privati delle città, in una situazione di convivenza civile tra etnie, culture e generazioni differenti: il tema, quindi, è quello del contrasto all’emarginazione, di una gestione responsabile dell’impatto del fenomeno dell’immigrazione, della tutela dell’ambiente e delle risorse culturali, della valorizzazione dello sviluppo locale, della protezione dei siti sensibili, della diffusione della legalità e al contempo della cultura delle regole.
E’ evidente che questa nuova e più ampia interpretazione della sicurezza, denominabile “sicurezza urbana” per distinguerla dal precedente aspetto di “sicurezza pubblica”, si ricollega a due recenti fenomeni, ovvero il dilagare della globalizzazione e dell’innalzamento della qualità della vita nelle città. In questo senso, essa travalica il ruolo delle forze dell’ordine per acquisire una dimensione più attiva e interattiva dove assumono rilevanza più soggetti, non solo quindi le istituzioni pubbliche, ma anche le organizzazioni della società civile, le associazioni, il tessuto economico e gli organi di informazione.La grande sfida delle amministrazioni locali è proprio quella di riuscire a coinvolgere attraverso politiche di prevenzione e integrazione, tutti i soggetti che sono chiamati a svolgere un ruolo nelle nostre città. Solo con politiche incanalate in tal senso è possibile evidenziare le situazioni di criticità presenti nel contesto urbano e interpretarle, allo scopo di coinvolgere la comunità in azioni e progetti che diano risposta ai bisogni di sicurezza, contrastino l’illegalità, rimuovano le situazioni di maggior degrado e ridiano fiducia al cittadino.
Sicurezza è vivere in contesti urbani che non producano esclusione, divisioni tra gruppi di cittadini e gerarchie sociali. Sicurezza è componente e risultante di una esigibilità piena dei diritti di cittadinanza.
Le azioni da sviluppare concretamente sul territorio sono bidirezionali. Riguardano, da un lato, interventi mirati al potenziamento e alla riqualificazione dei servizi, dall’altro, c’è la necessità di dar corso a un insieme di interventi per la prevenzione e la formazione culturale e sociale, tali da interagire coi comportamenti e gli stili di vita delle persone. Si tratta dunque di progettare e promuovere, anche con idonee iniziative formative, programmi e servizi in linea con le più moderne e innovative politiche di welfare dei Paesi europei in grado di incidere significativamente sulla qualità generale di vita della comunità.Dal punto di vista operativo, le azioni e i progetti mirati al potenziamento e l’ammodernamento dei servizi a disposizione del cittadino sono molteplici e rappresentano le soluzioni più efficaci per prevenire il degrado e la perdita della percezione della sicurezza delle città; essi variano da un maggior presidio delle forze dell’ordine nel territorio, al potenziamento dell’illuminazione pubblica e del sistema di videosorveglianza, a piani di formazione mirati a costruire una cultura sull’educazione alla legalità e sull’ informazione in merito alla prevenzione dei reati, all’utilizzo per attività culturali e sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata, tema caro a non poche regioni italiane e molto altro ancora.Anche per questo delicato tema, come la mitica pubblicità della Mentadent, vale il detto “prevenire è meglio che curare”. Ciò comunque non può avvenire se parallelamente alle azioni che ho descritto precedentemente, non si proceda, per ciò che concerne una micro-criminalità che sta dilagando in macro-criminalità organizzata, a un potenziamento in termini sia quantitativi che quantitativi delle forze dell’ordine e ad una riorganizzazione seria del sistema giudiziario che sia finalmente in grado di far dormire sonni tranquilli ai cittadini, assicurando la certezza della pena ai criminali in tempi celeri.
Il nocciolo della questione può essere riassunto nel binomio “sicurezza urbana e qualità della vita nella città”.In quest’ ottica cade il concetto di tolleranza zero, della risposta dura di contrasto duro. Oggi un partito come il nostro deve saper sviluppare politiche articolate, diversificate, flessibili, mettendo in campo tanti attori affinché il diritto alla sicurezza possa essere affrontato in maniera coerente, non solamente con la forza, non solamente con il contrasto anche se pur necessario, ma con una sorta di compartecipazione, con differenti competenze, di tutti i soggetti deputati al miglioramento della qualità della vita e della sicurezza del cittadino. La pace e la sicurezza di una città non sono garantite solo dalle Forze di Polizia ma principalmente da una complessa e inconscia rete di controllo volontario esercitato dalla popolazione stessa. In questa ottica la prevenzione assume un ruolo particolarmente importante. Si tratta di vigilare e sostenere con azioni mirate la vitalità e la sicurezza dell’ambiente impedendo o riqualificando i servizi prima ancora che questi comincino un progressivo e inesorabile degrado. Là dove invece la sicurezza è in pericolo, è necessario intervenire rapidamente con azioni che impediscano il dilagare della paura e ripristinino lo stato di fiducia dei cittadini verso la città.
Tengo inoltre a sottolineare che la sicurezza è un bene comune e, in quanto tale, non appartiene più a una logica dicotomica: non è un tema dai connotati neri o rossi, di destra o di sinistra. E la risposta a tale problema è altrettanto scontata: non può essere né di destra né di sinistra. E’ un tema che deve essere affrontato in maniera organica e integrata da tutto il sistema politico. Insomma, non può essere lasciato in balia del principio “tolleranza zero” adottato dalla destra estremista, ma nemmeno dal “buonismo” dilagante dell’estrema sinistra. Il nostro partito deve prendere a cuore il tema della sicurezza, egualmente a quello del lavoro o a quello della laicità. Il Partito socialista, se vuole diventare la vera forza riformista del nostro Paese in grado di cogliere anticipatamente i cambiamenti repentini di una società nel pieno stadio della globalizzazione, deve farsi carico e diventare l’alfiere della battaglia per garantire la sicurezza dei cittadini, attraverso politiche di investimento pianificate nel lungo periodo che possano realizzare interventi mirati alla promozione di un ambiente più sicuro, favorendo la crescita delle relazioni personali e di gruppo, promuovendo la convivenza tra diverse culture per prevenire fenomeni di criminalità e inciviltà, sviluppando al contempo il senso di appartenenza alla comunità. Dobbiamo operare affinché si dia vita finalmente ad una vera e propria cultura della legalità e della prevenzione che possa contribuire efficacemente e concretamente alla crescita economico-sociale del nostro Paese.
* _ Questo articolo è stato redatto sulla base di un intervento pubblico tenuto ad Orvieto lo scorso novembre durante un dibattito pubblico di carattere programmatico.

sabato 8 dicembre 2007

Pubblichiamo una bella email ricevuta. buona lettura

Mi piacciono le persone appassionate e dimostrate di avere passione. Penso che la cultura italiana sia intrisa di quell'ipocrisia che faccia veramente male. Ma la cosa preoccupante, credo, è vedere che la politica italiana vive in una"compostezza" talmente falsa e ipocrita che non fa altro che allontanare la gente perchè non da risposte ai problemi reali. Io vivo uno stato d'animo abbastanza tormentato da questo punto di vista perchè vorrei tornare ad appassionarmi, di politica. Di quella stessa politica che per anni mi sono nutrito(con modestia) e che mi faceva emozionare. Oggi non mi emoziono più quando parlano i politici, siano essi di destra, di centro o di sinistra... Credetemi non riesco a capire da che parte sto veramente! non riesco ad identificarmi! IDENTITA' è una termine che dovrebbe essere riscoperto... Non credo più nei partiti (motivo per cui ho subito feroci critiche di recente) ne tanto meno nelle ideologie. Il politico oggi dovrebbe essere “provocatoriamente costruttivo”. Ossia, colui che intende la politica come"MISSIONE", per vocazione! Penso che sia bene cercare di "rompere le palle" culturalmente, perchè è il contesto che lo richiede. Vorrei dire altre cose però penso sia meglio rimandare... invio un pezzo di Antonio Gramsci sull'indifferenza. Sono sicuro lo conosciate già.Qualora questo non fosse vero, eccolo qua!!! a presto. "Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che"vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città.Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti,è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall' impresa eroica , ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi,che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza.Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette degli scopi, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale,un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile.Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio,sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che,appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano. I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti,preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere. Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. Esento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con lorole mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrificio; e colui che sta alla finestra,in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusionevituperando il sacrificato, lo svenato perché non èriuscito nel suo intento. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia,odio gli indifferenti."
Andrea L.

martedì 4 dicembre 2007

tifo violento: il fallimento della scelta repressiva?

GIOVEDI' 6 DICEMBRE ore 16.00
via Edgardo Ferrati n.12 - 00154 Roma
(150 mt fermata Metro B Garbatella)

dibattito sulla Legge Amato Melandri

TIFO VIOLENTO:
IL FALLIMENTO DELLA SCELTA REPRESSIVA?

Relazione introduttiva:
LORENZO CONTUCCI
webmaster del sito www.asromaultras.org

Partecipano:
STEFANO CAPPELLINI
giornalista del Riformista
DOMENICO PIANESE
segretario nazionale COISP (sindacato indipendente polizia)
MAURO DEL BUE
deputato socialista

modera ANDREA PISAURO


"Le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie"
Montesquieu

lunedì 3 dicembre 2007

circolo culturale "Invito alla politica"

Sabato 8 Dicembre 2007

incontro/dibattito

“Progetti per la nuova politica”

Le strade del cambiamento tra crisi, innovazione e ritorno al passato

interverranno:

Nicola Carnovale

(Federazione Giovanile I Socialisti Italiani)

Pietro Vignali

(Sindaco di Parma)

Daniele Capezzone

(decidere.net)

Saverio Zavettieri

(I Socialisti Italiani)

modererà l'incontro

Paolo Mora

(Presidente Circolo Culturale “Invito alla politica”)

l'incontro avrà inizio alle ore 17:30

presso “NONSOLOLATTE” (ex centrale del latte)

Via Torelli – (PR)

mercoledì 28 novembre 2007

Il socialismo giovane del nuovo millennio

“Accanto a chi è indietro e compiendo un passo in avanti”, così Pietro Nenni spiegava il senso del socialismo.

Ma oggi, cosa significa essere socialista in Italia? E ancor più, giovani e socialisti.

Non è soltanto ideologia ma è una cultura, un modo di vivere. Non potrà mai essere soltanto un partito.

Partiti degli uomini e non uomini del partito, forse, questo è il senso di una diaspora così lunga, forse, il problema di un socialismo ridotto a pochi pensieri, non propositivo, non degno a volte dell’ alta cultura degli esponenti del passato, svilito e accomodato su quelle briciole caritatevolmente donate dal magnate di turno.

Il socialista, l’ uomo dei lumi e del senso della società, il riformismo dalla parte del popolo. Uomini che come Pertini hanno molto più parlato con le azioni e non con la prosa che spesso non diventa né poesia, né storia.

Ma oggi, noi della generazione cresciuta nell’ assenza del partito socialista italiano, quello che in Europa non seguiva ma si faceva seguire nelle idee e nei contenuti, quello che non credeva che soltanto esserci abbia un senso. Quello della lotta partigiana, della Costituente, delle scissioni, del Presidente Pertini, del Concordato, dei ministri, del Presidente del Consiglio, di Sigonella, dei grandi errori, di tangentopoli e della distruzione del 1992.

Noi, per continuare ad essere socialisti abbiamo bisogno di un futuro. Vogliamo un partito socialista vero, intraprendente, a 360 gradi e non arroccato solo su pochi temi e pure di nicchia. Un partito memore degli errori del passato ma anche orgogliosamente fiero delle grandi innovazioni apportate.

Il socialista è un uomo dotato di cultura, intendendo, non il sapere scolastico o lo sfoggio dei titoli ma l’ apertura mentale per capire che la società italiana è in crisi perché ormai troppo sufficiente. Gli italiani, specialmente le nuove e nuovissime generazioni, non hanno più fame di sapere. Abbiamo il dovere sociale di agire, di intervenire sul troppo ormai svilito sistema scolastico e di informazione. Le nostre Università si sono adeguate allo standar Europeo per il numero di laureati. Risultato? Più quantità meno qualità.

L’ Italia è una Repubblica incompleta. Non tutti hanno pari possibilità, cioè, il nepotismo soverchia abbondantemente la meritocrazia. Come potrà essere competitivo un sistema che, già dall’ ingresso alla formazione, non è per i capaci e i meritevoli.

Il socialista deve essere accanto ai giovani. I giovani socialisti devono aprire gli occhi alle dirigenze di partito sulle problematiche giovanili. Non “bamboccioni” che seguono il proprio padrino di partito, ma, intelligenze che si fanno guidare dall’ esperienza ma fanno valere la propria forza vitale, la propria visione innovativa e le proprie qualità.

Essere giovani è difficile: oltre alla necessità anagrafica occorre esserlo dentro.

Il mondo del lavoro attraversa una crisi sistemica enorme. I diritti del lavoratore vengono quotidianamente calpestati nelle garanzie e nelle retribuzioni. La parola flessibilità malamente interpretata in legge è divenuta precarietà cronica. La precarietà è una di quelle malattie che distrugge il futuro e il presente di uomini e donne. Un’ ottimo contraccettivo per una società che tende alla senilità. I sindacati? Avendoli i sindacalisti di un tempo. I partiti? Troppo impegnati in tv o nelle fumose stanze del potere e con le finestre chiuse per non ascoltare il mormorio della gente. Dove sono i colti uomini che discutevano nel Transatlantico e crescevano con il senso dello Stato?Gli elettori? Non rappresentati.

I socialisti non possono che auspicare e lavorare ad una riforma elettorale che sia proporzionale. Ogni manuale di diritto pubblico parla di connubio tra società eterogenea e questo tipo di sistema. Gli sbarramenti sono le correzioni specifiche: ingenti sono gli esempi. Si aspetta il voto di preferenza: il rappresentante esercita senza vincolo di mandato, perché, eletto su un impegno politico preso e perché dovrà rappresentare le vicissitudini della propria circoscrizione di appartenenza. Non il Parlamento dei fidi di partito ma quello dei territori e dei politici veri. Si aspetta giustizia verso l’ ignavia delle candidature multiple. Il premio di maggioranza così come è stato concepito garantisce l’ instabilità. Il bipolarismo di coalizione e dell’ alternanza ha fatto vedere tutti i suoi grandi limiti. Il bipolarismo di partito che potrebbe nascere in seno al Referendum elettorale, sarebbe come Caronte: batte col remo qualunque s’ adagia e ti traghetta all’ inferno della non rappresentatività e dell’ antidemocrazia.

Il partito socialista è democratico, cioè, aperto al confronto. Laico, cioè, non anticlericale(quello è laicismo) , date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio. Il laico è chi vive del proprio lavoro e non ha costrizioni mentali(C. Martelli docet), cioè, non nega a nessuno ( anche ai compagni credenti) di esprimere il proprio essere. Chi è convinto di un’ idea si confronta non chiede il silenzio. Liberale e non liberalista.

La grandezza del socialismo è la capacità di crescere nella sua spiccata predisposizione all’ eterogeneità. Un partito socialista deve essere il partito degli elettori e non degli eletti. Le istanze e le idee partono sempre dai territori e la capacità di una dirigenza è quella di convogliarle e renderle attualizzabili. Giovani e meno giovani abbiamo il dovere di rendere all’ Italia di oggi e alle generazioni future la cultura e il partito socialista. Non possiamo sbagliare. Le idee si reggono sempre sulle gambe degli uomini, ma, questi devono sempre dimenticare che quelle gambe sono proprie e pensare che siano di tutti.

Marco Caruso
Direzione Nazionale
“Federazione Giovanile I Socialisti Italiani”

martedì 20 novembre 2007

Comunicato Stampa - Dichiarazione di Nicola Carnovale

Roma, 20 Novembre 2007
Dichiarazione di Nicola Carnovale – Segretario nazionale Federazione Giovani Socialisti italiani
“Il bipolarismo all’italiana qualificato con le aggettivazioni più disparate nell’ultimo quindicennio è finalmente giunto al capolinea.
Le dichiarazioni di questi giorni, non ultima quella del presidente della Camera, Bertinotti, che ha espresso un chiaro ed inequivocabile assenso sul modello di legge elettorale alla tedesca, può rappresentare, al di là della soglia di sbarramento che non può essere il 5% per ragioni oggettive, se non il punto di incontro, almeno quello di partenza per una proficua discussione, allo stato auspicata da tutti, che porti ad una nuova legge elettorale.L’auspicio è quello di giungere realmente e concretamente alla realizzazione della stessa attraverso un dialogo che non può essere affare privato ed esclusivo tra il Partito democratico e il costituendo partito del popolo delle libertà, nella speranza che non venga utilizzato da questi ultimi come fattore tattico per dilatare i tempi in attesa di un referendum in quale non farebbe altro che perpetuare una crisi ed un sistema fallito quanto incapace di dare risposte incisive e necessarie ad un Paese che, sul paino delle riforme strutturali nonché istituzionale risulta essere il più immobile d’Europa”.